Perché, nonostante ami Linux, faccio fatica a usarlo come desktop
Lo ammetto: sono un appassionato di Linux. Mi piace l’idea del software libero, mi affascina la flessibilità del sistema, adoro poter mettere mano a ogni componente e capire come funziona davvero. Ogni volta che installo una nuova distribuzione, provo la stessa sensazione che si ha quando si scarta un nuovo gadget: entusiasmo puro.
Eppure, nonostante questa passione, c’è una verità che faccio fatica ad ignorare: non riesco a utilizzare Linux come sistema operativo desktop nella mia vita quotidiana.
Il motivo? Una sola parola: perfezionismo.
- Il problema del perfezionismo
Chi è perfezionista lo sa: non si tratta solo di volere il meglio, ma di non riuscire a tollerare piccoli difetti che per altri sono insignificanti. E purtroppo Linux, per quanto potente e affascinante, è pieno di quei piccoli dettagli che iniziano come minuscoli granelli di sabbia e poi diventano macigni.
- Il mouse che "non è Windows"
Sembra una cosa da nulla, ma per me è fondamentale: la precisione del puntatore. Su Windows il movimento è uniforme, naturale, quasi "morbido". Su molte distribuzioni Linux, anche con Wayland, driver aggiornati e configurazioni ottimizzate, c'è sempre qualcosa di leggermente diverso: un microlag, un'accelerazione un pò strana, una sensazione di "non perfetto".
Magari altri non lo notano. Io si. E dopo dieci minuti comincio a innervosirmi.
- L’aspetto grafico: un passo avanti, uno indietro
Negli ultimi anni Linux è migliorato tantissimo sul fronte estetico: GNOME, KDE Plasma, Cinnamon. Tutti ambienti bellissimi e moderni. Ma appena ci lavori un pò, emergono le incoerenze:
- temi non uniformi tra GTK e Qt
- icone che non si allineano perfettamente
- animazioni che non sempre sono fluide
- programmi che sembrano usciti da epoche digitali diverse
A volte basta aprire tre applicazioni per sentirsi in tre sistemi operativi differenti. E per un perfezionista questo è devastante.
- So che potrei "mettermici"... ed è parte del problema
Il bello di Linux è che puoi aggiustare tutto: configurare, patchare, ricompilare, installare estensioni, cambiare compositor. Ma questo è anche il lato oscuro: se sai che puoi sistemare qualcosa, finisci sempre in un loop infinito di ottimizzazione. E non vivi più il computer ma finisci per viverci dentro.
Windows, invece, nel bene e nel male, è già lì come pacchetto chiuso: prende o lascia. E paradossalmente questo, per chi è perfezionista, è liberatorio.
Ma allora perché continuo ad amare Linux?
- Perché Linux ti rispetta come utente.
- Perché è trasparente.
- Perché non impone telemetrie, advertising o account obbligatori.
- Perché è un mondo in cui la tecnologia è ancora vera, non confezionata.
E infatti continuo a usarlo sui server, nei container, per studiare, per sperimentare. Solo, non sul mio desktop principale. Non ancora.
Forse un giorno...
Credo che Linux farà il salto definitivo. Forse quando la coerenza grafica sarà perfetta. O quando il puntatore del mouse sarà indistinguibile da quello di Windows. O forse quando smetterò di essere così pignolo, anche se questo è decisamente l’upgrade più difficile.
Nel frattempo continuerò a seguire con passione questo ecosistema, a provarlo, a reinstallarlo ciclicamente come un rito e a sperare che arrivi quel momento in cui potrò finalmente dire:
'Ecco, ora è perfetto. Ora posso usarlo davvero.'